Mentre il sole tramonta sull'ultimo giorno del 2025, la Libia si presenta al mondo come un paese che ha imparato a convivere con le proprie divisioni. La tregua mediata dall'ONU dopo gli scontri di maggio a Tripoli ha retto per oltre sette mesi, cristallizzandosi in quello che gli osservatori internazionali hanno definito un "equilibrio precario" ma funzionale.
Il Governo di Unità Nazionale (GNU) di Abdul Hamid Dbeibah mantiene saldamente il controllo su Tripoli e la costa occidentale, mentre l'Esercito Nazionale Libico (LNA) di Khalifa Haftar ha consolidato il proprio dominio sull'est del paese e sulle principali infrastrutture petrolifere. Questa divisione de facto, lungi dall'essere una soluzione temporanea, si è evoluta in una configurazione duale che caratterizza ormai stabilmente il panorama politico libico.
La capitale occidentale presenta oggi un volto relativamente stabile. Le milizie che controllavano i quartieri di Tripoli sono state gradualmente integrate in una struttura di sicurezza più coordinata, anche se mantengono una sostanziale autonomia operativa. I servizi pubblici funzionano con regolarità crescente, e la vita quotidiana dei cittadini ha ritrovato una parvenza di normalità che mancava da anni.
Nell'est, Haftar ha trasformato Bengasi in una capitale alternativa de facto, dotandola di istituzioni parallele che operano con crescente efficienza. Il controllo militare dell'LNA sui giacimenti petroliferi orientali si è tradotto in una posizione negoziale forte che ha permesso di ottenere concessioni significative negli accordi di condivisione delle risorse.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan è emerso come il mediatore dominante della crisi libica, superando gli sforzi diplomatici dell'ONU e dell'Unione Europea. Il vertice di mediazione turco-libico tenutosi ad Ankara il 15 settembre ha rappresentato il momento di svolta, quando per la prima volta dall'inizio del conflitto, rappresentanti di alto livello del GNU e dell'LNA si sono seduti allo stesso tavolo per negoziare direttamente.
La strategia turca si è rivelata particolarmente efficace nel bilanciare il sostegno tradizionale al GNU con iniziative diplomatiche inclusive che hanno coinvolto anche l'LNA. Ankara ha saputo sfruttare la propria influenza militare ed economica per creare incentivi concreti alla cooperazione, offrendo investimenti infrastrutturali e supporto tecnico a entrambe le parti in cambio di stabilità e coordinamento.
L'accordo parziale sulla condivisione delle revenue petrolifere raggiunto il 30 ottobre rappresenta il successo più tangibile di questa mediazione. Dopo settimane di negoziati serrati, l'est ha ottenuto il 55% delle entrate petrolifere (contro il 60% inizialmente richiesto), mentre l'ovest ha mantenuto il controllo delle istituzioni finanziarie centrali. Questo compromesso, pur imperfetto, ha stabilizzato la produzione petrolifera intorno a 1,3 milioni di barili al giorno.
La produzione petrolifera si è stabilizzata per la prima volta dal 2011, generando entrate sufficienti a sostenere una crescita economica modesta ma costante. Il PIL libico ha registrato una crescita del 4,2% nel 2025, trainata principalmente dal settore energetico ma con segnali di ripresa anche in altri comparti.
La Banca Centrale di Libia, pur mantenendo sedi separate a Tripoli e Bengasi, ha sviluppato meccanismi di coordinamento che hanno permesso di stabilizzare il tasso di cambio e contenere l'inflazione sotto il 15%. Il sistema bancario, gravemente compromesso negli anni precedenti, mostra segni di graduale normalizzazione con la riapertura di filiali in diverse città e la ripresa dei servizi di base.
Gli investimenti internazionali rimangono limitati a causa dell'incertezza politica, ma le compagnie petrolifere europee hanno iniziato a valutare il ritorno in alcuni giacimenti orientali, incoraggiate dalla relativa stabilità della produzione e dagli accordi di revenue sharing.
La scadenza formale del mandato del GNU il 30 novembre ha rappresentato un momento di tensione che avrebbe potuto far precipitare nuovamente il paese nel caos. Invece, l'accordo per un'estensione di 18 mesi con la creazione di un "Consiglio di Coordinamento" che include rappresentanti dell'est ha dimostrato la maturità raggiunta dal processo politico libico.
Questo meccanismo ibrido non unifica realmente il paese ma crea canali di comunicazione istituzionalizzati che permettono di gestire le crisi senza ricorrere alla violenza. Il Consiglio si riunisce mensilmente ad Ankara sotto l'egida turca e ha già affrontato con successo diverse controversie, dalla distribuzione di carburante alla gestione dei valichi di frontiera.
La Camera dei Rappresentanti (HoR) con sede a Tobruk ha accettato questo arrangement dopo intense pressioni internazionali, pur mantenendo riserve sulla legittimità costituzionale del processo. Il compromesso raggiunto prevede che l'HoR mantenga le proprie prerogative legislative per l'est del paese, mentre il GNU conserva l'autorità esecutiva sull'ovest.
La violenza non è scomparsa dalla Libia, ma si è significativamente ridotta e localizzata. Gli scontri tra milizie a Tripoli sono diminuiti da una media di 8-10 episodi mensili nel primo semestre a 2-3 episodi negli ultimi mesi dell'anno. Quando si verificano, la loro durata è generalmente limitata a poche ore grazie ai meccanismi di mediazione locale sviluppati con il supporto turco.
Le milizie continuano a operare come attori semi-autonomi, ma hanno gradualmente accettato un ruolo più coordinato all'interno del sistema di sicurezza. Il processo di integrazione rimane incompleto e fragile, con episodi di tensione che emergono periodicamente, ma la tendenza generale è verso una maggiore professionalizzazione e controllo centrale.
Nel sud del paese, la situazione rimane più volatile con la presenza di gruppi armati che operano nel traffico di migranti e nel contrabbando. Tuttavia, anche in queste aree si registra una diminuzione degli scontri aperti, principalmente grazie agli accordi informali tra le diverse fazioni per la spartizione delle rotte commerciali illegali.
La proposta dell'ONU per un referendum costituzionale nel marzo 2026 ha generato il momento di maggiore tensione dell'anno. L'HoR ha respinto categoricamente l'iniziativa, definendola "prematura e illegittima", mentre il GNU ha espresso un sostegno cauto condizionato al consenso dell'est.
Il compromesso raggiunto prevede l'avvio di un "dialogo costituzionale" senza scadenze vincolanti, che rappresenta il massimo che l'equilibrio precario attuale può produrre. Questo processo, coordinato da una commissione mista con rappresentanti di entrambe le parti, ha iniziato i lavori a dicembre con l'obiettivo di identificare i principi fondamentali per una futura costituzione unificata.
La popolazione libica mostra segnali contrastanti riguardo al processo costituzionale. I sondaggi indicano che il 60% dei cittadini desidera una costituzione unificata, ma solo il 35% ritiene che sia possibile raggiungerla nel breve termine. Questa discrepanza riflette il realismo pragmatico che caratterizza l'approccio libico alla politica dopo anni di conflitto.
La Russia ha gradualmente ridotto la propria presenza militare diretta, mantenendo però un network di influenza attraverso contractors privati e supporto logistico all'LNA. Questa strategia a basso profilo riflette la necessità di Mosca di concentrare le risorse militari su altri fronti, pur mantenendo una posizione di influenza in Libia.
L'Unione Europea ha intensificato gli sforzi diplomatici ed economici, lanciando un pacchetto di aiuti da 500 milioni di euro per il 2026 condizionato al mantenimento della stabilità e al progresso nel dialogo costituzionale. Questo approccio "carrot and stick" si è rivelato efficace nel incentivare la cooperazione tra le fazioni.
Gli Stati Uniti mantengono un profilo relativamente basso, concentrandosi principalmente sulla lotta al terrorismo nel sud del paese e sul supporto ai processi di mediazione internazionale. L'amministrazione americana ha espresso soddisfazione per il ruolo di mediazione turco, considerandolo complementare agli sforzi occidentali.
Mentre la Libia si avvia verso il 2026, l'equilibrio precario raggiunto appare destinato a consolidarsi ulteriormente. La configurazione duale del paese, lungi dall'essere una soluzione ideale, si è dimostrata funzionale nel garantire stabilità e crescita economica modesta ma sostenuta.
Le elezioni unificate rimangono un obiettivo a lungo termine, ma la priorità immediata è il consolidamento dei meccanismi di coordinamento esistenti e l'approfondimento della cooperazione economica. Il successo del modello libico di "coesistenza forzata" potrebbe rappresentare un precedente interessante per altri conflitti regionali caratterizzati da divisioni territoriali profonde.
La produzione petrolifera dovrebbe mantenersi stabile intorno a 1,3-1,4 milioni di barili al giorno, sostenendo una crescita economica che, pur modesta, rappresenta un netto miglioramento rispetto al decennio precedente. Gli investimenti internazionali potrebbero aumentare gradualmente se la stabilità politica si consolida ulteriormente.
La Libia del 31 dicembre 2025 non è il paese unificato e democratico che molti speravano, ma nemmeno lo stato fallito che altri temevano. È una nazione che ha imparato a gestire le proprie divisioni attraverso meccanismi di mediazione e compromesso, creando le condizioni per una stabilità imperfetta ma duratura. In un Medio Oriente caratterizzato da conflitti prolungati e instabilità cronica, l'equilibrio precario libico rappresenta un modello pragmatico di gestione dei conflitti che potrebbe ispirare soluzioni simili in altri contesti regionali.