Mentre i fuochi d'artificio illuminano il cielo di Times Square in questa notte di San Silvestro, l'economia americana chiude un anno che ha sorpreso tutti gli osservatori. Quello che doveva essere un 2026 di stagflazione controllata si è trasformato in una storia di resilienza inaspettata che ha ridefinito le aspettative sul futuro economico del Paese.
I primi segnali di questa trasformazione erano emersi già a febbraio, quando i dati delle vendite al dettaglio di dicembre 2025 avevano mostrato una crescita dell'1,2% mensile, ben oltre le aspettative dello 0,4%. Ma quello che sembrava un semplice rimbalzo post-natalizio si è rivelato l'inizio di un fenomeno strutturale: il consumatore americano aveva ritrovato la sua forza.
La fiducia dei consumatori ha raggiunto i 115 punti a febbraio, per poi continuare a salire costantemente durante tutto l'anno. Le famiglie americane, beneficiando di aumenti salariali del 4,8% annuo e della riduzione dell'incertezza politica post-elezioni, hanno ripreso a spendere con vigore. Non si trattava più della spesa difensiva degli anni precedenti, concentrata sui beni essenziali, ma di un ritorno alla spesa discrezionale che ha alimentato settori dall'abbigliamento all'elettronica, dai viaggi alla ristorazione.
Jerome Powell e il Federal Open Market Committee hanno dovuto rapidamente rivedere la loro strategia. Quello che doveva essere un approccio graduale ai tagli dei tassi si è trasformato in una politica più aggressiva quando è diventato chiaro che l'economia poteva sostenere una crescita più robusta senza alimentare pressioni inflazionistiche eccessive.
Il primo taglio significativo è arrivato il 21 maggio, quando la Fed ha sorpreso i mercati con una riduzione di 50 punti base, portando i tassi al 4,75-5,00%. La decisione è stata giustificata dai dati del primo trimestre: il PIL era cresciuto del 2,8% annualizzato, trainato proprio dai consumi, mentre l'inflazione core aveva iniziato a scendere più rapidamente del previsto, attestandosi al 2,4%.
Ma il momento decisivo è arrivato ad agosto, quando i dati hanno confermato che l'inflazione era scesa al 2,2%, entrando finalmente nel range target della Fed. Questo ha convinto anche i membri più hawkish del FOMC che l'economia aveva imboccato un sentiero virtuoso di crescita sostenibile con disinflazione.
Dietro questi numeri si nasconde una trasformazione più profonda dell'economia americana. Le imprese, inizialmente caute negli investimenti, hanno iniziato a capitalizzare sul momentum della domanda. Gli investimenti in capitale fisso sono cresciuti del 6,5% nel terzo trimestre, concentrandosi principalmente in automazione, intelligenza artificiale e infrastrutture digitali.
Il settore tecnologico ha guidato questa trasformazione, con le aziende della Silicon Valley che hanno accelerato i loro piani di espansione. Microsoft, Google e Amazon hanno annunciato investimenti miliardari in data center e infrastrutture cloud, mentre Tesla e altri produttori hanno beneficiato di un boom nella domanda di veicoli elettrici sostenuto dagli incentivi federali e dalla maggiore disponibilità di credito.
Questo ha innescato un circolo virtuoso: maggiori investimenti hanno portato a incrementi di produttività, che a loro volta hanno sostenuto la crescita dei salari reali senza alimentare pressioni inflazionistiche. La produttività del lavoro è cresciuta del 2,1% nel 2026, il tasso più alto degli ultimi cinque anni.
Contrariamente alle previsioni di un graduale deterioramento, il mercato del lavoro americano ha mostrato una forza sorprendente. Il tasso di disoccupazione, invece di salire al 4,6% come previsto nello scenario base, è sceso al 3,9% a dicembre. Ma la vera sorpresa è stata la qualità dei posti di lavoro creati: non più solo occupazione nei servizi a basso valore aggiunto, ma 180.000 nuovi posti mensili concentrati in settori ad alta produttività.
I salari medi orari sono cresciuti del 4,8% annuo, ben al di sopra dell'inflazione, garantendo un aumento del potere d'acquisto reale delle famiglie americane. Questo ha alimentato ulteriormente il ciclo virtuoso dei consumi, con le famiglie che hanno potuto permettersi non solo i beni essenziali, ma anche quelli discrezionali che avevano rimandato negli anni precedenti.
I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo crescente durante tutto l'anno. L'S&P 500 ha chiuso il 2026 con un guadagno del 18,5%, toccando nuovi massimi storici in ottobre dopo il secondo taglio aggressivo della Fed. Il Nasdaq ha fatto ancora meglio, con un rialzo del 22,3%, trainato dai titoli tecnologici che hanno beneficiato sia della domanda interna che degli investimenti in AI.
Ma non si è trattato solo di una bolla speculativa. I fondamentali delle aziende hanno sostenuto il rally: gli utili dell'S&P 500 sono cresciuti del 12,4% nel 2026, supportati dalla combinazione di ricavi in crescita e margini in miglioramento grazie agli incrementi di produttività.
Anche il mercato obbligazionario ha beneficiato della situazione, con i rendimenti dei Treasury a 10 anni che sono scesi dal 4,8% di inizio anno al 3,9% di fine dicembre, riflettendo le aspettative di una politica monetaria più accomodante e di un'inflazione sotto controllo.
L'Amministrazione Trump, inizialmente tentata da politiche commerciali più aggressive, ha dovuto riconoscere che l'economia stava funzionando meglio del previsto. La revisione selettiva dei dazi annunciata a giugno ha rappresentato un compromesso intelligente: mantenere la protezione per i settori strategici come l'acciaio e i semiconduttori, ma ridurre le barriere su beni di consumo e materie prime per non alimentare l'inflazione.
Questa moderazione pragmatica ha contribuito al miglioramento delle catene di approvvigionamento globali, uno dei fattori chiave dietro la disinflazione più rapida del previsto. I costi di trasporto sono scesi del 15% rispetto ai picchi del 2025, mentre i tempi di consegna si sono normalizzati nella maggior parte dei settori.
Tuttavia, non tutto è stato rose e fiori. La rapida crescita ha iniziato a creare alcune tensioni verso la fine dell'anno. I prezzi immobiliari sono saliti del 12% nelle principali aree metropolitane, alimentando preoccupazioni per l'accessibilità abitativa. Alcune regioni, particolarmente la California e il Texas, hanno mostrato segni di surriscaldamento con carenze di manodopera specializzata che hanno spinto i salari oltre i livelli sostenibili.
La Fed ha dovuto bilanciare attentamente la sua politica monetaria: sostenere la crescita senza alimentare bolle speculative. L'ultimo taglio dei tassi dell'anno, a dicembre, è stato più cauto: solo 25 punti base al 3,75-4,00%, segnalando che la fase di allentamento aggressivo potrebbe essere vicina alla fine.
Mentre il 2026 si chiude, l'economia americana si trova in una posizione che pochi avrebbero immaginato dodici mesi fa. La crescita del PIL ha raggiunto il 2,7%, l'inflazione core si è attestata al 2,3%, e la disoccupazione è scesa al 3,9%. Questi numeri rappresentano una combinazione quasi ideale di crescita robusta, stabilità dei prezzi e piena occupazione.
Ma forse il risultato più importante è stato il ripristino della fiducia nell'economia americana. Le famiglie hanno ritrovato l'ottimismo, le imprese hanno ripreso a investire con convinzione, e i mercati finanziari hanno premiato questa trasformazione. Il "sogno americano" di prosperità condivisa sembra aver ritrovato nuova linfa.
Mentre i festeggiamenti di Capodanno continuano da costa a costa, l'America guarda al 2027 con un ottimismo che non si vedeva da anni. L'economia che doveva arrancare in una stagflazione controllata ha invece dimostrato, ancora una volta, la sua straordinaria capacità di reinventarsi e prosperare. Il consumatore americano, dato per spacciato da molti analisti, ha scritto l'ennesimo capitolo della sua leggendaria resilienza.