Il sole tramonta su un Yemen diviso ma stabilizzato in questo ultimo giorno del 2026, chiudendo un anno che ha visto il consolidarsi di una "pace negativa" caratterizzata dall'assenza di conflitto attivo ma senza una vera risoluzione delle cause profonde della crisi. Dopo diciotto mesi di relativa calma militare, il paese si presenta oggi come una realtà geopolitica de facto divisa tra il nord controllato dagli Houthis e il sud sotto l'amministrazione del governo riconosciuto internazionalmente.
Il controllo territoriale si è cristallizzato lungo linee di demarcazione ormai stabili da oltre un anno. Gli Houthis mantengono saldamente il controllo delle province settentrionali, inclusa la capitale Sanaa, dove hanno sviluppato un sistema amministrativo civile sempre più sofisticato. La loro capacità di riscuotere tasse, fornire servizi pubblici di base e mantenere l'ordine pubblico ha generato una crescente accettazione da parte della popolazione locale, che dopo anni di guerra ha privilegiato la stabilità rispetto alle considerazioni politiche.
Nel sud, il governo riconosciuto internazionalmente ha consolidato il proprio controllo su Aden e le province meridionali, beneficiando del continuo supporto saudita e di una maggiore apertura ai mercati internazionali. La cooperazione con i contractors americani ha permesso di migliorare le capacità di sicurezza, mentre gli investimenti degli Emirati Arabi Uniti hanno contribuito a rilanciare l'economia portuale di Aden.
Tuttavia, dietro questa apparente stabilizzazione si nasconde una crisi umanitaria che ha raggiunto proporzioni drammatiche. La conferenza dei donatori di marzo 2026 ha registrato una riduzione del 19% dei finanziamenti internazionali rispetto all'anno precedente, costringendo le agenzie umanitarie a drastici ridimensionamenti delle operazioni. Oggi, oltre 21 milioni di yemeniti necessitano di assistenza umanitaria, un numero che rappresenta quasi i due terzi della popolazione totale del paese.
La scadenza definitiva del mandato UNMHA il 28 gennaio 2026, senza rinnovo da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ha segnato la fine della supervisione internazionale formale del processo di pace. Questa decisione, influenzata dalle crescenti tensioni geopolitiche globali e dalla "fatigue" internazionale verso la crisi yemenita, ha di fatto lasciato la gestione del conflitto nelle mani degli attori regionali.
Un punto di svolta cruciale si è verificato durante la stagione delle piogge di giugno 2026, quando devastanti inondazioni hanno colpito simultaneamente il nord e il sud del paese. Le acque torrenziali hanno distrutto infrastrutture vitali, causato migliaia di sfollati e scatenato epidemie di colera e dengue che hanno minacciato di diffondersi oltre i confini delle zone di controllo.
Di fronte a questa emergenza, si è assistito a un fenomeno inaspettato: la nascita di accordi settoriali informali tra le parti per la gestione delle crisi sanitarie. Il 15 agosto 2026, rappresentanti tecnici di entrambe le amministrazioni hanno siglato il primo protocollo di cooperazione per la gestione delle emergenze sanitarie, seguito il 30 ottobre da un accordo più ampio sulla gestione delle risorse idriche.
Questi accordi, pur non rappresentando un riconoscimento politico reciproco, hanno costituito un riconoscimento de facto della divisione territoriale e hanno gettato le basi per una cooperazione pragmatica che ha permesso di contenere le epidemie e gestire più efficacemente le emergenze idriche.
A livello regionale, l'Arabia Saudita ha gradualmente adottato una strategia di contenimento piuttosto che di confronto diretto, concentrandosi sul rafforzamento del governo del sud e sul mantenimento di una zona cuscinetto lungo il confine settentrionale. Gli attacchi Houthis nel Mar Rosso si sono ridotti significativamente dopo gli accordi informali dell'estate, contribuendo a de-escalation delle tensioni con la coalizione internazionale.
L'Iran, dal canto suo, ha mantenuto il proprio supporto agli Houthis ma ha evitato provocazioni che potessero scatenare una risposta militare massiva, preferendo consolidare l'influenza attraverso il rafforzamento delle capacità amministrative del movimento nel nord del paese.
Dal punto di vista economico, il 2026 ha visto l'emergere di due economie parallele sempre più integrate nei rispettivi sistemi regionali. Il nord, sotto controllo Houthi, ha sviluppato legami commerciali informali con l'Iran e alcuni paesi della regione, mentre il sud ha beneficiato degli investimenti del Golfo e di una maggiore integrazione nei mercati internazionali.
Tuttavia, la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto di questa divisione. La malnutrizione infantile ha raggiunto livelli critici in ampie aree del paese, mentre il sistema sanitario rimane al collasso nonostante gli accordi di cooperazione settoriale. La chiusura di numerosi ospedali per mancanza di fondi ha costretto milioni di yemeniti a rinunciare alle cure mediche essenziali.
Mentre il 2026 volge al termine, la comunità internazionale sembra aver progressivamente accettato questa situazione di divisione de facto, concentrando i propri sforzi su interventi umanitari mirati piuttosto che su ambiziose soluzioni politiche comprehensive. I meccanismi informali di coordinamento sviluppati durante l'anno per la gestione delle crisi rappresentano forse l'unico elemento positivo in un panorama altrimenti caratterizzato da stagnazione politica e sofferenza umanitaria.
Gli accordi settoriali siglati negli ultimi mesi del 2026 hanno dimostrato che, nonostante le profonde divisioni politiche, esiste ancora spazio per una cooperazione pragmatica quando si tratta di affrontare sfide che trascendono i confini del controllo territoriale. Questi precedenti potrebbero costituire la base per futuri sviluppi verso forme più strutturate di coesistenza.
Il 31 dicembre 2026 si chiude quindi con uno Yemen stabilizzato in una divisione che, pur non rappresentando una soluzione definitiva, ha almeno posto fine alla fase più acuta del conflitto armato. La "pace negativa" raggiunta non ha risolto le cause profonde della crisi, ma ha creato un nuovo equilibrio che potrebbe durare nel tempo, a condizione che gli attori coinvolti mantengano l'interesse comune a evitare escalation destabilizzanti.
Questo equilibrio fragile rappresenta forse il massimo che si poteva raggiungere in un contesto regionale e internazionale caratterizzato da rivalità geopolitiche e disimpegno progressivo della comunità internazionale. Per milioni di yemeniti, tuttavia, la vera pace rimane un obiettivo lontano, mentre la lotta quotidiana per la sopravvivenza continua in un paese che, pur diviso, ha almeno ritrovato una forma precaria di stabilità dopo anni di devastante conflitto armato.