Mentre il mondo si prepara a salutare il 2027, il Sudan si presenta come un mosaico di territori frammentati dove la guerra civile iniziata nell'aprile 2023 si è trasformata in una nuova normalità di caos controllato. Dopo quasi quattro anni di conflitto devastante, il paese non esiste più come entità unitaria, ma sopravvive come un sistema di governance parallele che ha istituzionalizzato la divisione territoriale.
Le Forze Armate Sudanesi (SAF) mantengono un controllo precario su Khartoum e le regioni orientali, includendo il vitale porto di Port Sudan, che rappresenta circa il 35% del territorio nazionale. Il loro dominio si estende principalmente lungo il Nilo Blu e nelle aree settentrionali, dove il supporto egiziano ed eritreo ha permesso di mantenere una parvenza di amministrazione statale. Tuttavia, anche in queste zone, l'autorità governativa si limita ai centri urbani principali, mentre le aree rurali rimangono largamente autonome.
Le Forze di Supporto Rapido (RSF) hanno consolidato il loro controllo su tutto il Darfur e gran parte delle regioni occidentali, coprendo circa il 40% del territorio. Qui, Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, ha creato un sistema amministrativo parallelo che combina elementi tribali tradizionali con strutture militari moderne. Le ricche miniere d'oro del Darfur settentrionale sono diventate il motore economico di questo proto-stato, finanziando non solo le operazioni militari ma anche servizi pubblici basilari per la popolazione locale.
Il restante 25% del territorio costituisce le cosiddette "zone grigie", un arcipelago di enclavi controllate da milizie tribali, signori della guerra locali e reti criminali transnazionali. Queste aree, concentrate principalmente nel Kordofan e lungo i confini internazionali, sono diventate hub per il contrabbando di oro, armi e droga, trasformando l'economia illegale in un pilastro della sopravvivenza locale.
La scadenza dell'embargo ONU sulle armi del 12 settembre 2025 non ha prodotto l'escalation militare temuta, ma ha piuttosto consolidato le posizioni esistenti attraverso un riarmo selettivo. Ogni fazione ha rafforzato il proprio arsenale quanto bastava per mantenere il controllo territoriale, senza però acquisire la capacità di ottenere una vittoria decisiva.
I tagli del 50% agli aiuti americani implementati il 1° dicembre 2025 hanno rappresentato un punto di svolta cruciale. Il collasso dei servizi pubblici che ne è seguito ha spinto le popolazioni locali a dipendere sempre più dalle strutture amministrative create dalle fazioni. Nelle zone controllate dalle RSF, un sistema di tassazione informale basato sui proventi dell'oro ha permesso di mantenere scuole e cliniche basilari. Nelle aree SAF, il controllo delle dogane di Port Sudan ha generato entrate sufficienti per pagare stipendi ridotti ai dipendenti pubblici.
Le reti criminali transnazionali hanno prosperato in questo vuoto di controllo statale. Il traffico di oro verso i mercati internazionali, spesso attraverso gli Emirati Arabi Uniti, genera profitti stimati in oltre 2 miliardi di dollari annui. Parallelamente, il contrabbando di armi leggere e il traffico di droga hanno trasformato il Sudan in un nodo cruciale delle rotte criminali che collegano l'Africa subsahariana al Medio Oriente e all'Europa.
La crisi umanitaria ha raggiunto dimensioni catastrofiche ma stabili. Oltre 8 milioni di sudanesi dipendono dagli aiuti alimentari, mentre 2.5 milioni di rifugiati hanno attraversato i confini internazionali, concentrandosi principalmente in Ciad, Sud Sudan ed Etiopia. L'epidemia di colera scoppiata nel luglio 2026 nelle zone con servizi sanitari collassati ha causato oltre 15.000 morti, evidenziando la fragilità del sistema sanitario frammentato.
Il Ciad, oberato da oltre 1.2 milioni di rifugiati sudanesi, mostra crescenti segni di tensione interna. Le comunità ospitanti nelle regioni orientali del paese hanno iniziato a protestare contro la pressione demografica, mentre il governo di N'Djamena fatica a fornire servizi adeguati sia ai rifugiati che alla popolazione locale. Questa situazione ha creato un circolo vizioso dove l'instabilità del Ciad riduce la sua capacità di mediare nel conflitto sudanese.
L'iniziativa dell'Unione Africana lanciata il 15 marzo 2026 per ottenere cessate il fuoco settoriali ha registrato successi limitati ma simbolicamente importanti. In alcune aree del Kordofan, leader tribali tradizionali sono riusciti a negoziare accordi commerciali informali che permettono il transito di merci attraverso le linee di controllo. Questi accordi, seppur fragili, hanno dimostrato che la stanchezza della guerra e la pressione economica possono creare incentivi per la cooperazione.
Il primo accordo commerciale informale tra zone controllate da SAF e RSF, siglato il 20 gennaio 2026, ha permesso il transito di prodotti agricoli dal Darfur verso i mercati di Khartoum in cambio di beni manifatturieri. Tuttavia, questi accordi rimangono estremamente vulnerabili a sabotaggi da parte di elementi estremisti di entrambe le fazioni.
Le elezioni in Sud Sudan del 26 dicembre 2026 si sono svolte con partecipazione limitata ma senza collasso totale, fornendo un modello fragile di stabilità democratica regionale. Tuttavia, l'afflusso massiccio di rifugiati sudanesi ha complicato significativamente il processo elettorale, con molte circoscrizioni nelle regioni settentrionali che hanno registrato tassi di partecipazione inferiori al 30%.
Il presidente Salva Kiir è stato riconfermato con il 52% dei voti, ma la sua legittimità rimane contestata dalle opposizioni che denunciano irregolarità legate alla gestione dei campi profughi. La presenza di 800.000 rifugiati sudanesi nel paese ha alterato significativamente gli equilibri demografici locali, creando nuove tensioni inter-comunitarie.
Mentre il 2026 volge al termine, il Sudan si avvia verso il quarto anno di conflitto con un equilibrio che appare tragicamente stabile. La frammentazione territoriale si è consolidata in un sistema di governance parallele che, seppur disfunzionale, fornisce una forma rudimentale di amministrazione locale. Le fazioni principali hanno imparato a coesistere in un equilibrio di deterrenza reciproca, dove nessuna ha la forza per eliminare le altre ma tutte hanno abbastanza potere per mantenere il controllo dei propri territori.
Il conflitto armato per il controllo delle miniere d'oro nel Darfur settentrionale del 25 agosto 2026 ha rappresentato l'ultimo serio tentativo di alterare l'equilibrio territoriale. Tuttavia, dopo tre settimane di combattimenti intensi che hanno causato oltre 5.000 sfollati, le parti sono tornate alle posizioni precedenti, confermando l'impossibilità di ottenere vantaggi militari decisivi.
La comunità internazionale, oberata dalla guerra in Ucraina e da altre crisi globali, ha gradualmente ridotto l'impegno umanitario. L'Unione Europea ha tagliato gli aiuti del 30% per il 2027, mentre la Cina ha sospeso i progetti infrastrutturali in attesa di una stabilizzazione politica che appare sempre più lontana.
Il Sudan entra nel 2027 come un "stato fantasma" - formalmente esistente nelle mappe e nelle organizzazioni internazionali, ma praticamente frammentato in multiple entità autonome. Questa nuova normalità del caos rappresenta forse la tragedia più profonda: un paese che ha imparato a sopravvivere nella frammentazione, perdendo la memoria e la capacità di immaginare un futuro unitario. La guerra è finita non con una vittoria o una sconfitta, ma con l'istituzionalizzazione della divisione - un esito che nessuno aveva previsto ma che tutti, alla fine, hanno accettato come inevitabile.