Mentre il sole tramonta su Damasco in questo ultimo giorno del 2026, la capitale siriana presenta un volto che pochi avrebbero immaginato diciotto mesi fa. Le strade, un tempo teatro di battaglia, ora brulicano di una vita quotidiana che ha imparato ad adattarsi alla nuova realtà frammentata del paese. La Siria di fine 2026 non è più uno stato unitario nel senso tradizionale, ma piuttosto un mosaico di zone d'influenza stabilizzate che hanno trovato un equilibrio precario ma funzionale.
Il governo di Ahmed al-Sharaa ha consolidato il controllo su quello che viene ormai chiamato il "nucleo siriano": Damasco, Aleppo, Homs e le province meridionali. Qui, l'Hayat Tahrir al-Sham ha dimostrato una capacità di governance che ha sorpreso molti osservatori internazionali. La moderazione pragmatica promessa nei primi mesi del 2025 si è tradotta in politiche concrete: le minoranze alawite e cristiane, pur vivendo sotto costante tensione, hanno mantenuto i loro diritti fondamentali e una rappresentanza limitata nelle istituzioni locali.
Nel nord, la zona d'influenza turca si estende da Afrin a Jarabulus, dove l'Esercito Nazionale Siriano (SNA) governa sotto la supervisione di Ankara. Qui si è sviluppato un modello quasi-statale con istituzioni proprie, una moneta de facto legata alla lira turca, e un sistema educativo che privilegia il turco come seconda lingua. La popolazione locale, stanca di anni di conflitto, ha accettato questa realtà in cambio di stabilità e prosperità relativa.
Il nordest rimane saldamente nelle mani delle Forze Democratiche Siriane (SDF), che hanno trasformato la loro autonomia de facto in un esperimento di democrazia federale. Con il supporto continuato degli Stati Uniti, l'amministrazione curda ha sviluppato istituzioni democratiche funzionali, un'economia basata su petrolio e agricoltura, e ha mantenuto la sua caratteristica governance multi-etnica che include arabi, curdi, assiri e altre minoranze.
Il coordinamento tra Stati Uniti, Turchia e Russia si è rivelato la chiave di volta di questa stabilizzazione. Dopo la crisi di confine del marzo 2026, quando uno scontro tra forze HTS e SDF aveva rischiato di innescare un'escalation regionale, le tre potenze hanno formalizzato un meccanismo di consultazione permanente. Questo "triumvirato esterno" si riunisce mensilmente per gestire le tensioni e coordinare gli aiuti umanitari.
Gli accordi taciti di settembre 2025 hanno definito confini de facto che, pur non essendo riconosciuti ufficialmente, sono rispettati da tutti gli attori. Checkpoint congiunti gestiti da forze locali sotto supervisione internazionale regolano i movimenti tra le zone, permettendo un commercio inter-zonale che ha raggiunto i 400 milioni di dollari nel 2026.
Per i siriani comuni, questa frammentazione ha significato soprattutto normalizzazione. A Damasco, i mercati sono tornati a funzionare regolarmente, l'elettricità è disponibile per 12 ore al giorno grazie agli investimenti della Banca Mondiale, e le scuole hanno riaperto con programmi che, pur mantenendo un'impronta islamica, includono le minoranze. Il tasso di inflazione si è stabilizzato intorno al 25%, ancora alto ma gestibile rispetto al caos degli anni precedenti.
Nel nord controllato dalla Turchia, l'economia ha beneficiato dell'integrazione con il mercato turco. Le rimesse dei lavoratori siriani in Turchia alimentano un'economia locale in crescita, mentre i progetti infrastrutturali finanziati da Ankara hanno migliorato significativamente le condizioni di vita. La popolazione locale ha sviluppato una doppia identità: siriana per tradizione, ma sempre più orientata verso la Turchia per opportunità economiche.
Il nordest curdo rappresenta forse il maggior successo in termini di governance democratica. Le elezioni locali del novembre 2026 hanno visto una partecipazione del 78%, con una rappresentanza equilibrata tra i diversi gruppi etnici. L'economia petrolifera, pur limitata dalle sanzioni, genera sufficienti risorse per mantenere servizi pubblici efficienti e un sistema educativo bilingue curdo-arabo.
Tuttavia, questa stabilità rimane fragile. Le tensioni settarie continuano a covare sotto la superficie, particolarmente nelle aree di confine tra le zone. L'incidente di Latakia del settembre 2026, quando scontri tra gruppi alawiti e sunniti hanno causato 23 morti, ha dimostrato quanto sia sottile l'equilibrio raggiunto.
La minaccia ISIS persiste nelle aree rurali, sfruttando i vuoti di controllo lungo i confini inter-zonali. Gli attacchi coordinati del marzo 2026 hanno richiesto un'operazione congiunta tra forze HTS e SDF, mediata dagli americani, dimostrando sia la vulnerabilità del sistema sia la sua capacità di cooperazione quando necessario.
L'economia rimane strutturalmente debole. Nonostante i miglioramenti locali, la mancanza di un mercato nazionale unificato limita le opportunità di crescita. I 16 milioni di siriani che necessitano ancora di assistenza umanitaria rappresentano una sfida costante per tutte le amministrazioni locali.
Uno degli sviluppi più significativi del 2026 è stato il ritorno selettivo dei rifugiati. Circa 800.000 siriani sono rientrati nel corso dell'anno, principalmente nelle zone più stabili. Il governo HTS ha lanciato un programma di riconciliazione nazionale che ha facilitato il rientro di molti oppositori del regime Assad, mentre l'amministrazione curda ha attirato rifugiati con la promessa di opportunità economiche nel settore petrolifero.
Tuttavia, il ritorno rimane geograficamente squilibrato: mentre le aree urbane controllate da HTS e le regioni curde vedono flussi di rientro significativi, le zone rurali e quelle lungo i confini inter-zonali rimangono largamente spopolate.
Mentre il 2026 volge al termine, la Siria si presenta come un esperimento unico di frammentazione controllata. Il modello siriano sta attirando l'attenzione di studiosi e diplomatici come possibile template per altri conflitti "irrisolvibili". La cooperazione economica inter-zonale ha superato le aspettative, con progetti congiunti per la ricostruzione delle infrastrutture di trasporto e la gestione delle risorse idriche.
Il successo relativo di questo modello ha portato a discussioni preliminari su una possibile confederazione siriana, con istituzioni centrali limitate ma funzionali per questioni di interesse comune. I negoziati di agosto 2026 per il coordinamento economico, pur non raggiungendo tutti gli obiettivi, hanno stabilito meccanismi permanenti di consultazione che potrebbero evolversi verso strutture più formali.
La popolazione siriana, dopo anni di guerra devastante, ha dimostrato una straordinaria capacità di adattamento. I sondaggi di fine anno mostrano che il 65% dei siriani nelle zone HTS, il 72% in quelle turche e il 78% nelle aree curde esprimono "soddisfazione moderata" per la situazione attuale, un risultato impensabile solo due anni fa.
Mentre i fuochi d'artificio illuminano il cielo di Damasco per celebrare l'arrivo del 2027, la Siria si prepara ad affrontare le sfide del futuro con un modello di governance che, pur imperfetto e non convenzionale, ha dimostrato di poter garantire quella stabilità che sembrava irraggiungibile. La frammentazione, da simbolo di fallimento statale, si è trasformata in una soluzione pragmatica che rispetta le diverse identità e aspirazioni del mosaico siriano, offrendo una speranza concreta per un futuro di pace duratura.